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.:: (2011) - Gerusalemme

 

Sabato 19 febbraio – Tel Aviv - Gerusalemme

E' sabato e subito prendiamo coscienza del “Sabbath”: l’ascensore sale e scende in continuazione fermandosi a tutti i piani perché per gli ebrei osservanti è proibito premere i pulsanti, così come, per la stesa ragione, niente macchina elettrica per il caffè ma solo caraffe.

Il termine Shabbat deriva dalla radice ebraica Shevat cessare. Il sabato ebraico (dal tramonto del venerdì a quello del sabato) infatti implica la cessazione di qualsiasi attività lavorativa. In questo giorno tutti hanno diritto al riposo: non deve lavorare né il padrone né il servo, né l'uomo, né la donna, perfino gli animali da lavoro in questo giorno devono essere esentati dal lavoro e hanno diritto al riposo.

Roberto ci dice che talmente è ferrea l’osservanza del Sabbath che addirittura non si cucina (si fa tutto  il giorno prima), se si fulmina una lampadina non si può cambiarla e non si può guidare neanche la macchina.

Infatti, saliti sulla monovolume di Roberto con targa diplomatica destinazione Gerusalemme, il traffico era quasi inesistente, solo arabi alla guida.

Dopo un’ora di viaggio, alle porte di Gerusalemme notiamo “l’orologio del Sabbath” dove sono indicate le ore dell’inizio e della fine del riposo.

Dopo un buon caffè italiano in un bar della città nuova conosciuto da Roberto, iniziamo la visita dall’Abbazia della Dormizione, sul monte Sion. Secondo la tradizione cristiana, venne costruita nel luogo dove Maria trascorse la sua ultima notte  e nel suo interno vediamo la statua di Maria dormiente.

Poi entriamo nella città vecchia, circondata da mura con otto porte d’ingresso e divisa in 4 quartieri (Ebraico, Armeno, Cristiano e Musulmano), dallo Zion Gate (la porta di Sion) e ci troviamo di fronte le rovine romane di Cardo.  Molto bella è la vista verso ovest del Monte degli Olivi. Subito dopo, in un edificio crociato che ospita la tomba di Davide, luogo di preghiera per gli ebrei, visitiamo la stanza dell’”Ultima Cena”.

Poi percorriamo il quartiere ebraico (con le sue pietre bianche) rimanendo colpiti dagli abiti caratteristici indossati dagli ebrei e dalle famigliole al completo con tanti bambini. Quindi arriviamo al luogo sacro per eccellenza degli ebrei: il Muro Occidentale conosciuto anche come il Muro del Pianto, unico resto del tempio di Gerusalemme. Per accede alla grande piazza che comprende il Muro del Pianto bisogna passare per rigidi controlli da parte delle forze dell’ordine, con tanto di metal detector come negli aeroporti. In più essendo sabato non è possibile scattare foto dall’interno della piazza per cui per documentare il tutto sono costretto a fotografare dal limite dalla piazza.

La parte destra del Muro è riservata alle donne mentre la parte sinistra agli uomini. In più a sinistra c’è un tunnel, che altro non è che il proseguimento del Muro, pieno di libri sacri dove accedono gli ebrei studiosi più ortodossi.

Impressionante è Il movimento oscillante degli chassidim, vestiti di nero, barba incolta, cappello cilindrico dal quale penzolano le treccine, che muovendo la testa a scatti si avvicinano al muro depositando tra le fessure la loro preghiera e baciando la pietra. Il movimento altro non è che la maniera di darsi un ritmo nel recitare le preghiere.

Purtroppo l’accesso alla spianata delle Moschee (sopra il Muro del Pianto) dove sorge la scintillante Cupola della Roccia (moschea islamica) e altri bei monumenti e fontane, in quei giorni sfortunatamente per noi era interdetta agli occidentali (riesco a vederne una parte affacciandomi dall'ingresso riservato ai musulmani). Peccato perché è uno dei posti più belli e affascinanti di Gerusalemme!

Lasciata la piazza ci inoltriamo nel quartiere musulmano (la differenza è notevole), pieno di bancarelle e bazar.

Ci concediamo una buonissima spremuta di melograno e subito dopo, Roberto ci porta sul terrazzo di un Hotel  austriaco dal quale ammiriamo un bellissimo panorama sulla città e in particolare sulla spianata delle Moschee.

Usciti dall’hotel visitiamo alcune chiese nel quartiere cristiano.

Dopo percorriamo  uno dei più importanti simboli del cristianesimo: la Via Dolorosa. Secondo la tradizione cristiana l’ultimo sentiero percorso da Gesù, dal tribunale fino alla collina del Golgota dove venne crocifisso e sepolto.

Le tappe oggi purtroppo non sono facilmente individuabili nella confusione del Suq. Ne visitiamo diverse tra cui la cappella della flagellazione.

Infine, arriviamo alla Basilica del Santo Sepolcro, meta di milioni di pellegrini cristiani che arrivano da tutto il mondo per visitarla ed è un vero crocevia delle diverse confessioni cristiane che si spartiscono altari e spazi secondo regole ferree ma spesso si intralciano tra loro fino ad arrivare a scontrarsi. La gestione del Santo Sepolcro è infatti affidata alle chiese greco-ortodossa (che ne occupa la parte più grande), cattolica, armena, siriana e copto-egiziana (quella cui spetta un minuscolo spazio alle spalle dell’edicola della tomba). Alla chiesa etiope, invece, spetta solo una parte esterna dell’edificio, posta sul tetto della chiesa stessa.

Siamo fortunati, niente fila, e quindi visitiamo, salendo le ripide scale del Calvario (Golgota), il foro dove era infissa la croce di Cristo, la pietra dell’unzione, dove il corpo di Gesù venne disteso prima della sepoltura ed infine il Santo Sepolcro.

C’è da dire che nonostante il luogo, risulta difficile concentrarsi in raccoglimento in quanto in tutta la chiesa regna sovrano il caos, con centinaia di persone vocianti, gruppi di turisti che si muovono in modo disordinato e non ultimi gli stessi custodi che ripetono le cerimonie in continuazione secondo il loro credo.

Usciamo dalla città vecchia dall’affollatissima porta di Damasco e ripresa la macchina, ci rechiamo al Monte degli Ulivi, sede di altri importanti siti del Cristianesimo. Tra l’altro, secondo la tradizione cristiana, la tomba di Maria si trova nella valle di Kidron, sottostante appunto il Monte degli Ulivi. Dal Monte degli Ulivi si gode un panorama spettacolare: la veduta su Gerusalemme che va dalla città cinta dalle mura, con veduta privilegiata sulla spianata delle moschee (la Moschea di Omar è al centro in tutta la sua maestosità) e alla Porta d’Oro, fino alle valli di Hinnon e Kidron e ai monti Moriah e Sion.

Ma la vista più interessante è quella del cimitero ebraico più esclusivo ed ambito al mondo situato sul pendio del monte degli Ulivi rivolto verso la Porta d’Oro in quanto, ci ha spiegato Roberto, nel momento della resurrezione dei morti, Gesù entrerebbe in Gerusalemme dalla Porta d’Oro e quindi i sepolti in questo cimitero  saranno i primi ad entrare nella città Santa (Zaccaria 14,4). Tant’è vero che i musulmani hanno murato la Porta d’Oro e si fanno seppellire sotto le sue mura in modo da contrastarne l'ingresso.  Ma quando finirà?

Dall’alto si vede bene anche la chiesa russa ortodossa di Santa Maria Maddalena con le sue cupole dorate.

Scendiamo dal monte degli Ulivi e, alle sue pendici, entriamo nel giardino o meglio nell’orto del Getsemani (il nome deriva dall'aramaico gat semãnê che significa «pressoio per olio»), il luogo dove Gesù passò le ultime ore prima di essere arrestato. Nel giardino ci sono diversi ulivi di cui almeno un paio visibilmente molto antichi, forse contemporanei a Gesù.

Accanto al giardino c’è la bella Chiesa di tutte le Nazioni detta anche Chiesa dell'Agonia in ricordo della solitudine di Cristo. Bel colonnato e splendidi mosaici, all’interno volutamente cupo, spicca, protetta da una bassa recinzione a forma di un’enorme corona di spine in ferro battuto, una larga porzione di roccia originale (roccia dell’agonia) che la tradizione ritiene sia il luogo dove Gesù abbia pregato la notte prima dell’arresto.

Lasciamo il monte degli Ulivi e purtroppo anche Gerusalemme, dirigendoci direttamente a Betlemme e quindi in Palestina.

 

 

 

 
 
 

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